Friday, September 17, 2010

Incontro "Banking & Social: network or not?": the day after, ovvero un breve resoconto

Ieri dunque si è tenuto l'evento dedicato al banking ed al social networking organizzato da Webank.

Webank è probabilmente la banca italiana che sta puntando piuttosto decisamente sul fenomeno web 2.0, non l'unica in verità, ma sicuramente quella che, da qualche tempo a questa parte, lo fa con maggiore convinzione e l'organizzazione dell'evento lo testimonia.

In realtà il tema trattato è veramente spinoso perchè, benchè sia sulla bocca di tutti, è talmente recente che non credo esista alcunchè di consolidato su azioni e reazioni che si producono sul web (o meglio... nulla che già domani potrà essere smentito). Il rischio diventa così quello di dire ovvietà o, al contrario, delle cose totalmente irragionevoli.

Introdotto da Andrea Cardamone (D.G. Webank) è stato animato dalla vivace moderazione di Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di Strategia Aziendale alla Bocconi. Ma passiamo ai contenuti altrimenti sarebbe inutile stare qui a scrivere un post, questo è un blog e non una rivista.


Interventi basati sul concetto di fiducia

Argomento maggiormente trattato è stato il tema del rapporto banca-cliente con l'evidenziazione del concetto di fiducia che si deve instaurare in presenza di utenti internet che, con discussioni e post possono consigliarsi l'un l'altro il prodotto migliore, rendendo meno necessariamente "patinata" l'offerta e la qualità sostanziale.


Mafe De Baggis, free lance nel settore della comunicazione con una rubrica (No Logo) su Punto Informatico, ha focalizzato proprio su questo punto l'intervento, parlando della necessità di superare il modello di seduzione alla "Don Giovanni" e Marco Massarotto(internet P.R. at Hagakure) ha parlato dell'esigenza di "spiegare", mentre Paolo Iabichino, direttore creativo in Ogilvy ha parlato di invertising, termine coniato da tempo e diversa declinazione del concetto di trust.

Eccorre dire che gruppi di discussione, poi forum ed ora il social networking, almeno sotto questo punto di vista, hanno prodotto un bel cambiamento di indirizzo da parte di tutto il mondo creativo della comunicazione. Fino ad ora si sono allestite sempre campagne di grande fascino, ma oggi ogni prodotto, ogni servizio, viene vivisezionato da migliaia di utenti web. Non è vero che sia scomparso il metodo "seduttivo", si guardi per esempio a tutta la comunicazione Apple ed ai Keynote di Steve Jobs (o alla parodia che ne fa Raul Cremona!!!), ma in quel caso la qualità dei prodotti che vengono via via lanciati è sempre su livelli altissimi (pur generando anche loro una folta schiera di oppositori).

Informare, formare, spiegare

Il dibattito si è dilungato sulla comunicazione con interventi che hanno posto al centro la formazione, come quello di Andrea Genovese fondatore ed Editor-in-chief a 7thFLOOR, o quello Gianluca Diegoli, (marketing e comunicazione www.minimarketing) che, poco confidente della capacità delle banche di adottare modelli realmente social, consigliava di partire da piccoli passi interni per cercare di "capire" la rete.

Confesso che, propabilmente a causa della brevità di tempo a disposizione, non avevo apprezzato molto questo intervento, i cui contenuti rispiegati invece nel post del blog insoldoni mi trovano d'accordo, soprattutto considerata la natura del rapporto cliente/banca basato, come ha ben descritto il moderatore, sulla asimmetria informativa. Per la medesima ragione risultavano poco realistici anche alcuni interventi del pubblico in sala sulla completa trasparenza nei rapporti o sulla possibilità di scelta, da parte di chi mette denaro, sulla sua destinazione (ma questo è il social lending!!! Che ne direbbero gli estensori della complessa normativa Basilea 2??). Un po' irrealistica, a mio giudizio, anche la proposta di aprire le filiali al networking locale (Stefano Vitta, Digital Strategist , www.aghenorblog.com).

Nell'intervento di Luca de Felice di Reply sono stati finalmente accennati i concetti di widget e personal finance management. Mentre seguo con attenzione il secondo tema, su cui sto anche lavorando attivamente, sono più freddo sul primo: Google Finance, certamente un punto di riferimento e progettato da team di esperti consente ben poche personalizzazioni all'utente (come Facebook d'altra parte).

Mi permetto a questo punto di fare una critica... il panel dei relatori era così sbilanciato sul segmento "comunicazione" che alla fine è stato di fatto l'unico aspetto realmente esaminato, ovvero si è parlato sopratutto di come la banca può usare il social network per comunicare e di come si deve porre nei confronti dei propri clienti.

Troppo poco (a mio giudizio) si è parlato di cosa può "fare" una banca per partecipare alla costruzione del networking che verrà. L'unico relatore con un profilo eminentemente tecnologico era Marco Zamperini, VP & CTO di Value Team e come si legge nel suo profilo linkedin "Technology Evangelist".

Anche il suo intervento si è però focalizzato sull'utilizzo di ciò che esiste a fini di comunicazione, avendo raccontato dell'esperienza della North Shore Bank e di Foursquare e di come la banca promuove la frequentazione delle filiali attraverso buoni premio.

Manca il punto di vista di chi fa tecnologia

Non voglio certo affermare che chi si occupa di tecnologia sia, solo per questa sua caratteristica, più qualificato degli altri in questo settore, ma è indubbio che la storia della rivoluzione digitale e di Internet sia passata attraverso il contributo di personaggi come William Henry Gates III, in arte Bill Gates (sebbene si sia convertito solo successivamente all'Internet Mania), programmatore a 13 anni, Mark Zuckerberg (Facebook) anche egli programmatore adolescente, Steve Jobs (per Fortune nel 2007 il primo dei 25 uomini d'affari più influenti) che alla Atari come primo lavoro si occupava di circuiti o Larry Page (Google), laureatosi in computer science all'università del Michigan.

Il fenomeno social è sicuramente prima "social" che tecnologico, ma forse l'opinione di chi fa tecnologia, in un dibattito come questo, aiuterebbe a capire quello che la tecnologia farà domani oltre che capire come usare quella già disponibile oggi.