Monday, September 29, 2008

Il PMO ed il controllo dei rischi. Quando può risultare più conveniente chiudere un progetto

Ho pubblicato tempo fa un primo post sul PMO e desidero oggi approfondire qual’è il ruolo principale del PMO, ovvero, a mio avviso, di monitorare i rischi e ridurre gli effetti degli eventi ad essi connessi.

L’attività di normalizzazione dei processi e di ottimizzazione dell’uso delle risorse economiche, materiali ed umane hanno infatti il fine si di ottenere i migliori risultati possibili, ma sopratutto quello di evitare l’insorgere di problemi non previsti, o di assorbire l’impatto di quelli non prevedibili.

In alcuni casi l’interpretazione aziendale che si è data del ruolo del PMO è tale da associare tale struttura e/o responsabile alle scelte strategiche ma nella maggior parte dei casi la mansione assegnata è più legata ad attività operative.

Dunque, si è detto, Il PMO deve monitorare i rischi e preservare il progetto da esiti negativi indotti da eventi straordinari o meno (generati internamente e/o occorsi all’esterno), da cattiva pianificazione del programma di lavoro (o di parte di esso) o da una sua errata conduzione.

In realtà l’espressione “preservare il progetto” non è vera in assoluto in quanto, in situazioni estreme, può essere prerogativa del PMO quella di valutare se i benefici che deriveranno dal completamento delle attività possano essere resi inefficaci dall’eccessivo prolungarsi delle attività stesse o se il costo per il completamento del progetto superari il profitto che ne deriverebbe.

Una fredda analisi del rapporto costi/benefici può quindi indurre a prendere la decisione che la chiusura del progetto, prima del suo completamento, risulti più economica e/o più strategica di una sua eventuale prosecuzione. Ci si può quindi trovare di fronte alla opportunità/necessità di accettare la perdita degli investimenti fin qui realizzati, piuttosto che aggiungerne altri, mettendo cosi a repentaglio altre iniziative.

Semplificando (forse eccessivamente) si possono identificare tre macro-categorie di rischi che possono essere individuati durante l’esecuzione di un progetto :

Rischi di basso impatto: le conseguenze del concretizzarsi di un evento negativo sono considerate poco significative e/o la probabilità che esso si verifichi molto basse. In questo caso le azioni previste dal contingency plan sono ritenute idonee ad assorbirne gli effetti o addirittura, in alcuni casi, può essere considerato più economico accettare questo rischio senza mettere in piedi alcuna attività utile ad ammortizzarne gli effetti.

Rischio di eventi che modificano sostanzialmente l’andamento del progetto: il manifestarsi di una circostanza negativa comporta possibili ritardi, o aumento di costi. In questo caso la predisposizione di un piano alternativo deve essere considerato vitale ed occorre definire per tempo una strategia che limiti gli effetti di tale evenienza. Naturalmente questo comporta studiare per la medesima situazione più scenari, per verificare l’applicabilità delle diverse strategie di recovery e sopratutto il rapporto costi/benefici.

Rischi gravi: siamo nella zona “rossa” della suddetta scala. I rischi di questo tipo si riferiscono ad eventi che possono stravolgere il progetto o addirittura decretarne il fallimento.In tal caso valgono tutte le considerazioni fatte al punto precedente, ove, se possibile, tutti i piani e le valutazioni assumono un carattere di massima attenzione. In questa categoria rientrano anche tutti i casi di rischi per eventi imponderabili, come disastri fisici o di diversa natura. Abbiamo assistito in questi mesi al fallimento di alcuni colossi della finanza mondiale... per un loro fornitore questo evento poteva risultare “imponderabile” un anno fa, ma, con il passare dei mesi, il rischio ha cominciato a manifestarsi e concretizzarsi. Tra le opzioni da considerare in questi casi, come abbiamo già detto in precedenza, quella di valutare se non risulti maggiormente economico disporre la chiusura del progetto.

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